Era il 2010, quando una inedita coppia formata da Jean-Claude Juncker & Giulio Tremonti lanciarono l’idea degli E-bond (Eurobond) dalle colonne del Financial Times. All’epoca la finalità vera e propria della proposta non era certo quella di finanziare un programma di aiuti e/o investimenti per uscire da una crisi reale dell’economia dettata, come sta accadendo oggi, da una emergenza sanitaria senza precedenti.
All’epoca la crisi era un’altra o meglio l’idea era quella di evitare “le turbolenze sul mercato primario, riducendo la necessità di interventi d’emergenza nel mercato secondario”, in parole povere arginare il rischio spread che poi di li a qualche anno determinò l’arrivo del Governo Monti che tanto piaceva agli euro-burocrati.
L’idea degli Eurobond non era fine a sé stessa, Tremonti e Juncker proponevano tra l’altro la creazione di una “Agenzia europea del debito” funzionale non soltanto all’emissione dei titoli, ma anche alla successiva gestione degli acquisti e delle vendite utili a stabilizzare nel complesso il debito comunitario. Come scrivevano all’epoca
“Noi crediamo che questa proposta fornisca una risposta forte, credibile e tempestiva all’attuale crisi del debito sovrano. Doterebbe l’Ue di un contesto robusto e globale non solo per affrontare la questione della soluzione delle crisi, ma anche per contribuire alla prevenzione di crisi future, incoraggiando la disciplina fiscale, sostenendo la crescita economica e rafforzando l’integrazione europea”
Le cose poi sono andate diversamente e nulla è stato fatto.
Credo, come credevo anche all’epoca (sono passati dieci anni), che la creazione di una Agenzia del debito avrebbe potuto facilitare la gestione di situazioni molto complesse e difficili (come ad esempio la crisi Greca) in maniera ben più ottimale (e soft) di quanto è stato fatto.
Oggi, più di ieri, l’emissione di un titolo della portata dell’Eurobond potrebbe concretamente rappresentare, oltre che un segno di unità europea, una arma utile a sconfiggere gli effetti attuali della serrata e del contagio e soprattutto gli effetti futuri (non del tutto quantificabili oggi) della crisi economica reale che ci aspetta.