Non so quanti se ne siano già accorti o quanti se ne stiano accorgendo con i giorni che passano, ma questi tempi ci stanno dimostrando l’importanza di cosa sia la Libertà. Siamo confinati in casa dall’inizio del mese di marzo e sino a qualche giorno fa potevamo uscire soltanto per comprovate urgenze di carattere sanitario e sopravvivenza alimentare. Misure straordinarie ed urgenti per limitare l’espandersi di questa pandemia, prese a suon di Decreti emanati direttamente dal Presidente del Consiglio. Nessuna legge votata dal parlamento ad oggi ha limitato la nostra Libertà o generato sanzioni per le annesse violazioni. Una emergenza che meritava sicuramente uno strumento regolamentare di natura eccezionale, ma nessuno o davvero pochissimi si sono resi conto, se non con il perdurare del lockdown, di quanto la nostra libertà sia stata oggetto di limitazione. Un fatto gravissimo, soprattutto se perpetrato attraverso lo strumento del Decreto Legge di per sé impositivo ben di più della Legge tout court.
Si sa bene che l’emergenza sanitaria e soprattutto il fine ultimo (supremo direi) di salvare vite toglie ogni pensiero, fosse anche il più importante di tutti. Ma d’altro canto cosa c’è di più importante della vita umana? Ora che queste limitazioni iniziano a venire meno, però, anche chi sino ad oggi non aveva compreso fino in fondo quanto le fondamenta della nostra Libertà fossero a rischio (restiamo pur sempre in una democrazia) inizia a capire cosa stavamo perdendo e cosa necessariamente dovremo riconquistare.
Sì, perché proprio nell’anniversario della nascita di Friedrich von Hayek, il Presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher commentando la scelta di legiferare autonomamente sulla Fase 2 ha detto “Libertà equivale a responsabilità. Questa responsabilità è da intendersi sia a titolo personale, che nei confronti di tutta la società. Se questa sarà una ripartenza o il preludio a una seconda ondata di contagio, dipenderà dalle azioni quotidiane di ciascuno di noi”. Sembra fatto apposta ma il concetto è così tanto simile ad una delle citazioni di Hayek che sosteneva come libertà e responsabilità fossero di fatto inseparabili. Proprio in tal senso la ripartenza imporrà ad ognuno di noi una fase di libertà (se vogliamo dirlo) “condizionata” alla responsabilità di rispettare le precauzioni comunque in vigore e comunque necessarie, al di là della forma legis che gli si vorrà dare.
Ma c’è un’altra forma di responsabilità che va necessariamente condizionata sullo stesso piano di quella individuale o collettiva che siano. Vi è anche la responsabilità in capo a chi ha limitato la libertà personale e quindi, in generale, collettiva. Lo stesso Stato (ripeto, al di là della forma legis utilizzata) ha in capo a sé una forte responsabilità nei confronti della propria collettività, del singolo cittadino. Questa responsabilità si materializza in particolare al manifestarsi del primo atto coercitivo per elezione che lo Stato esercita sui propri cittadini: l’imposizione fiscale.
L’atto in sé di limitare l’azione, l’operato e quindi la libertà dei cittadini e delle loro attività economiche e sociali è stato generato sì da una necessità emergenziale ed i cui effetti positivi si manifestano nel concreto sulle condizioni di salute della maggior parte della collettività, però dall’altro lato ha arrecato un danno diretto e “pesante” alla maggior parte di quella collettività. La limitazione della Libertà propria e quindi di quella economica, seppur per un periodo di tempo minore rispetto all’anno (grazie a Dio), ha di fatto leso in quota parte il principio di capacità contributiva su cui poggia la ragion d’imposizione fiscale che lo Stato comunque intende esercitare. Sì, perché nei tanti Decreti in materia fiscale, ad oggi almeno, si è sempre e soltanto parlato di sospensioni e rimandi, ma mai di esenzione.
Può lo Stato limitare la libertà individuale e, come in questo caso dunque, collettiva senza accollarsi poi la responsabilità di aver così limitato indirettamente quota parte della capacità contributiva dei propri cittadini? Io penso di no e credo che sia responsabilità tutta di uno Stato degno di tal termine ovviare a questo fatto, permettendo ai propri cittadini (contribuenti) di poter manifestare correttamente la propria capacità contributiva limitata dalle misure sino ad oggi applicate.