Premessa
Un auspicio che in quei giorni portò a non pochi commenti stizziti nel nostro ambiente ed anche qualche simpatico incontro nelle vie attigue a Palazzo con chi – e non ne capisco proprio il perché – avrebbe forse dovuto maggiormente far pace con la propria coscienza e con i propri fantasmi.
“il sottile confine tra la forma e la sostanza delle cose”
Ma veniamo all’oggetto vero del presente punto all’ordine del giorno ovvero la modifica dello Statuto di Finaosta SpA ai sensi della l.r. 7/2006. Come ci è già stato illustrato, le modifiche proposte sono principalmente di natura manutentiva e di coerenza con il rinnovato impianto normativo nazionale vigente. In particolare, per ricollegarmi a quanto dissi nel settembre scorso, tra le modifiche troviamo anche quelle funzionali a garantire il rispetto dei nuovi requisiti e criteri di idoneità individuati dal DM 169/2020, il “famoso” decreto utile a definire chi possa rispondere alla chiamata dell’Azionista per la composizione dei massimi organi amministrativi e di controllo della finanziaria. Modifiche, che di fatto intervengono oggi.
Ecco, si tenga bene in considerazione questo aspetto che per molti apparirà banale e forse anche scontato, ma che marca il sottile confine tra la forma e la sostanza delle cose.
Cosa cambia rispetto al passato?
Lo Statuto che dal 23 aprile 2018 è stato in vigore – insomma, fino ad oggi – al punto 5 dell’articolo 17 prevedeva che:
Tale previsione con la nuova formulazione verrà a cadere, in linea con le novellate previsioni nazionali che hanno “rivisto” i requisiti per i componenti degli organi amministrativi. Previsioni che al DM 169/2020 prevedono due anni in più di esperienza dei requisiti previsti per gli altri componenti non esecutivi dell’organo ovvero:
Gli esponenti con incarichi non esecutivi sono scelti tra persone che soddisfano i requisiti di cui al comma 1 o che abbiano esercitato, per almeno tre anni, anche alternativamente:
a) attività professionali in materia attinente al settore creditizio, finanziario, mobiliare, assicurativo o comunque funzionali all’attività della banca; l’attività professionale deve connotarsi per adeguati livelli di complessità anche con riferimento ai destinatari dei servizi prestati e deve essere svolta in via continuativa e rilevante nei settori sopra richiamati;
b) attività d’insegnamento universitario, quali docente di prima o seconda fascia, in materie giuridiche o economiche o in altre materie comunque funzionali all’attività del settore creditizio, finanziario, mobiliare o assicurativo;
c) funzioni direttive, dirigenziali o di vertice, comunque denominate, presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni aventi attinenza con il settore creditizio, finanziario, mobiliare o assicurativo e a condizione che l’ente presso cui l’esponente svolgeva tali funzioni abbia una dimensione e complessità comparabile con quella della banca presso la quale l’incarico deve essere ricoperto.
Certamente, a questo punto potrebbe sembrare che stia quasi contestando il fatto che il presidente di una Finanziaria regionale non possa essere un non laureato. Non voglio certo citare un famoso comico laqualunque, bensì prendo atto di due cose: le nuove disposizioni nazionali hanno scelto di allargare la platea degli aventi diritto – chiamiamoli così – optando per l’esperienza piuttosto che per la combinazione di questa con determinati titoli; il legislatore regionale ha scelto di adeguarsi senza prevedere requisiti più, come dire, stringenti (come prima, per capirci).
In tutti e due i casi, è una questione di scelte, scelte politiche a cui la tecnica si è, come dire, adeguata.
Il problema
Ma il vero problema è un altro. Perché, come dissi – seppur indirettamente – nel settembre scorso all’atto del rinnovo del massimo organo amministrativo della Finanziaria regionale chissà se chi doveva verificare i requisiti dei candidati ed anche definire il relativo bando si è interrogato sulla coerenza delle norme e dei regolamenti allora vigenti. Eh sì, perché lo Statuto sino ad oggi in vigore resta quello dell’aprile 2018 – per capirci quello del Presidente laureato – seppur la normativa fosse cambiata. Non ci vuole certo una laurea in giurisprudenza per considerare il fatto che lo Statuto di una società essendo norma di rango inferiore rispetto ad un DM possa giustamente prevedere requisiti più stringenti – seppur in coerenza – con quelli del DM stesso.
Conclusioni
Ecco, mi chiedevo e mi chiedo dunque ancora oggi perché questa cosa non sia stata tenuta seriamente in considerazione? Nei corridoi di Palazzo, qualcuno potrebbe financo vedere questo provvedimento di oggi come una sorta di necessaria sanatoria di quel rinnovo di cariche.
Ecco dunque che si finisce rischiosamente nel perimetro di quei “problemi” di cui parlavo sempre nel settembre scorso. Perché si è percorsa questa strada? Perché la bozza di Statuto è stata trasmessa alla Regione soltanto nel dicembre 2021, mentre a settembre si è fatta una nomina con in vigore uno Statuto che prevedeva almeno questo requisito più stringente della vigente normativa?
Ecco la domanda interessante che bisognerebbe porsi.
Ecco perché i commissari di opposizione della Seconda Commissione hanno deciso di procedere con dovute verifiche di quanto è stato fatto e dunque all’epoca “verificato”. La coerenza di norme, statuto e bando è stata tenuta in considerazione o è bastato dire che il DM prevedeva requisiti più ampi? In tal caso a che serve lo Statuto di una società?
“est modus in rebus”
Chissà se queste domande troveranno risposta o saranno tenute in considerazione nei prossimi interventi normativi – e non soltanto mi auguro – nell’ambito del mondo delle “partecipate”. Io credo da sempre che forma e sostanza costituiscano due binari che necessariamente non possono vivere di vita propria, soprattutto in questi ambiti, e credo altrettanto che, come diceva Quinto Orazio Flacco, est modus in rebus e tale principio si debba sempre rispettare.
In tal senso il mio gruppo oggi non voterà questo provvedimento.
Auguro, infine, ai colleghi di “maggioranza” un buon lavoro.