Si sa da sempre che ogni occasione è buona per definire le mosse di Matteo Salvini “estreme” e “retrograde”. Questo succede ogni qualvolta un’azione o scelta fatta riguardi un elemento “forte” del pensiero politico. Ci sta e nessuno se ne deve stupire. Così dovrebbe anche essere rispetto alla scelta di firmare il manifesto sul futuro dell’Europa che in molti oggi bollano semplicemente come “sovranista”, senza poi tra l’altro averlo realmente letto.
Nei contenuti della dichiarazione, così come nelle basi ideologiche di molti dei movimenti sottoscrittori, c’è il richiamo forte alla sovranità degli Stati, ma sopratutto una critica, più costruttiva del denigrare comune, che riguarda direttamente il futuro dell’Europa e dell’agire dell’Unione e dei suoi Stati membri.
E’ innegabile che la cooperazione europea negli ultimi anni abbia vacillato ben più che agli albori dell’Unione, così come la visione di trasformarla in una sorta di Superstato burocratizzato e dirigista abbia caratterizzato l’agire delle istituzioni europee sino ad oggi (e lo ha ricordato benissimo Marco Gervasoni ieri su ilGiornale.it). La reazione al Covid-19 poi ha messo in luce debolezze e prospettive di questa Europa. E’ vero, oggi abbiamo il Recovery Plan e la certezza che la BCE opera per la stabilità del sistema monetario europeo. Ma poi? Entro quali limiti si muoverà l’Europa (l’Unione) del post Covid-19?
Senza dubbio il passato, anche e soprattutto prossimo, stava dimostrando il contrario. Una Europa tenuta artificialmente lontana dalle proprie radici culturali e storiche, produttrice di direttive, interdizioni e pletore di regolamenti interni alla mercé della concorrenza esterna (cinese soprattutto) e di una integrazione europea di fatto compromessa. In sintesi, questa dichiarazione (al di là di tutto) mi auguro possa smuovere le coscienze europee da fin troppo tempo sclerotizzate nel mood della costruzione di questo moderno Leviatano. Nel bene e nel male che sia. Insomma, un forte monito (e stimolo) anche nei confronti della famiglia Popolare europea.
“Le fédéralisme! Et puis? Le fédéralisme encore!”
Ma tornando a noi, ecco ancora una volta emergere quella comoda miopia di chi gioca al distacco sulla base delle facili apparenze. Vedere nell’Europa di oggi una realtà federale votata alla difesa dei piccoli, è qualcosa di davvero prossimo all’effetto delle più potenti droghe sintetiche in commercio. Negli ultimi anni chi cita di continuo il federalismo ha perso la reale dimensione dello stesso, non soltanto a livello europeo. Questo un po’ per comodità mista a timore burocratese (lo si vede ad esempio nell’ambito della produzione normativa regionale), un po’ per convenienza perché la spasmodica ricerca di un alleato duttile e malleabile (ostinatamente a sinistra) ha di fatto contaminato l’azione politica di chi ancora non ha capito che oggi prima di tutto serve stabilità di governo alla nostra Petite Patrie.
Inutile quindi, se non solo a masochistiche logiche illogiche di mero calcolo politico interno, gridare “al lupo!” se poi alla fine quel che si raccoglie è lo sviluppo di un Superstato europeo che di federalista non ha davvero nulla.