Questa mattina un amico ristoratore mi ha fermato, mentre stavo buttando la spazzatura, per chiedermi notizie sui prossimi giorni. Semplici e pratiche domande sull’evoluzione della situazione per capire cosa fare: assumo o no personale per i prossimi mesi? Faccio la spesa per la mia attività in vista della prospettata zonizzazione gialla della Valle d’Aosta?
Cose normali per chi fa impresa e vive del suo. Ma a fronte di queste semplici domande il mood era quello dell’incertezza mista a rassegnazione. Eh sì, perché cosa ne è del nostro turismo senza apertura dei confini regionali e soprattutto degli stranieri? Ho già scritto in un altro pezzo che ogni riapertura dopo la metà di gennaio andrà ben valutata, perché oltre alla beffa potrebbe esserci un doppio danno per le singole imprese.
Le chiusure dell’Epifania e del Natale hanno già portato via più di un quarto del fatturato tipico delle attività legate al turismo invernale, ora la scelte (non scelte) a singhiozzo rischiano di peggiorare le cose. Ma in tutto questo c’è pure del peggio. Sì, quello di apprendere che nella notte le regole sono cambiate, ma soprattutto che forse cambieranno ancora e così all’improvviso.
Alla faccia del rispetto per chi poi magari si troverà nella buca delle lettere la cartella esattoriale di uno Stato che pensa ai monopattini, ai rubinetti ed ai cellulari. Uno Stato che altro non sta facendo che rimandare ogni decisione seria, vedi quel che sta succedendo con il Recovery Fund (siamo ormai davvero di fronte a scene imbarazzanti), ma soprattutto non ha una idea chiara e concreta di cosa fare.
Certo, non è facile e la situazione è complessa e di difficile interpretazione, ma possibile che non vi siano le concrete possibilità di dare una indicazione chiara e durevole nel breve termine? Non si può andare avanti aspettando l’ennesimo comunicato stampa, perché dalle grida di manzoniana memoria nacque soltanto il kaos aggiunto ad altro kaos.