Non è mia intenzione tornare sugli argomenti già trattati dai due colleghi relatori, vorrei invece porre alla Vostra attenzione alcuni elementi di analisi in più relativamente alla norma di “rinvio” di cui all’articolo 5 della proposta di legge in discussione.
Possiamo dire che questo è un articolo di auspicio rispetto ad una riforma organica della disciplina regionale in materia di enti locali di cui questa Regione ha bisogno da molto tempo. Già nel corso della scorsa legislatura si creò una sottocommissione speciale che doveva lavorare alla riforma della legge 6/2014 nel suo complesso e più volte si è detto e concordato di lavorare unitamente alla definizione di un Testo Unico Regionale in materia di enti locali.
Questa legge ci permette oggi di fare un passo in avanti per cercare di mettere ordine, seppur con notevole difficoltà e imprecisione (e proprio in tal senso non votammo a suo tempo la legge sul corso-concorso dei segretari comunali), nel complesso delle scelte in materia di enti locali che nel tempo si sono sedimentate nel corpo normativo regionale.
Con questo mio intervento voglio però concentrare l’attenzione riguardo ad un aspetto importante della futura riforma (almeno così mi auguro) che riguarda la materia della finanza locale. Sì, perché se questa legge di fatto non “sposta” risorse finanziarie, almeno direttamente, genera una serie di ragionamenti che dobbiamo necessariamente fare in vista di una riforma del sistema di finanza derivata su cui oggi è costruito il nostro sistema degli enti locali.
La LR 48/1995 poneva alla base delle sue finalità cinque principi fondamentali tra cui quello dell’autonomia e funzionalità delle amministrazioni locali, quello della cooperazione intercomunale e sovracomunale, quello della perequazione tra gli enti, la responsabilizzazione degli amministratori locali e il favorire il coordinamento degli interventi pubblici di interesse locale. Al contempo questa definiva nel 95% dei 9/10 dell’imposta sul reddito delle persone fisiche l’ammontare del finanziamento regionale agli enti locali. Ammontare che da tempo viene concesso in deroga a tale disposizione.
Sappiamo benissimo che dal 1995 in poi il mondo è notevolmente cambiato sino, tra l’altro, al varo della LR 6/2014 che come una falce cadde senza pietà sui Comuni, obbligandoli a trovare forme di collaborazione e cooperazione al fine di contenere la spesa pubblica complessiva. Come ben sappiamo le finalità che si prospettava tale intervento normativo non hanno sortito a risultati concreti e duraturi ed infatti siamo qui a discutere della necessità di riformare anche quella legge.
Non sarà sicuramente facile lavorare alla revisione di uno dei pilastri portanti della nostra Autonomia, quello comunale, in un regime di incertezza e dubbio come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia, ma non possiamo più rimandare scelte che nel tempo stanno costando molto in termini di risorse, inefficienze e rigidità decisionali soprattutto verso la nostra comunità.
Un primo passo verso la definizione di un nuovo modo di concepire le realtà degli enti locali, seppur timido, è stato quello di riconoscere, con questa proposta di legge, a certi comuni una complessità amministrativa maggiore rispetto ad altri (sto parlando dell’articolo 2).
Sulla scorta di tale principio, credo che sarà necessario lavorare per riformare il sistema di finanza locale non prevedendo più la sola dominanza della logica perequativa à tout prix, prassi ormai consolidata nell’applicazione della LR 48/1995, bensì premiando realtà che cooperando e finanche unendosi (per scelta ovviamente) creino quelle condizioni di miglior risposta al cittadino in termini di carico fiscale e tariffario, servizi e qualità della vita.
Oltre alle variabili della popolazione, delle caratteristiche territoriali e delle condizioni socio-economiche credo che debbano anche essere considerati elementi quali il livello di complessità amministrativa dell’ente (ad esempio in termini di significatività del relativo bilancio comunale), i servizi offerti sul territorio del comune di riferimento, di cui beneficiano anche quelli limitrofi, ed anche la posizione del comune rispetto alla vallata di riferimento e quindi dell’asse centrale della Regione se vogliamo scongiurare l’abbandono delle nostre valli laterali.
Queste non saranno certo scelte facili, ma credo che la definizione di un tavolo di concertazione permanente con i Comuni favorirà il processo di definizione della nuova normativa di riferimento degli enti locali.
Stefano AGGRAVI
Vicecapogruppo LEGA Vallée d’Aoste