Il mio professore di Storia economica diceva sempre che l’economia non può basarsi, non può sopravvivere di soli servizi. L’economia vive di produzione, di cose innanzitutto reali e concrete che si possono produrre, vendere, scambiare, etc.
L’emergenza epidemiologica sta modificando significativamente il nostro modo di vivere e realizzarci. Diciamo indirettamente perché le vere conseguenze sono generate dalle misure definite per prevenire e contrastare la propagazione del contagio.
L’emergenza epidemiologica ci ha fatto scoprire un mondo fatto di sedentarietà, smart working, lunghe telefonate, ordini e acquisti via web anche per chi sino ad oggi si era tenuto fuori, volutamente o meno, da un mondo che tanto assomiglia a quello rappresentato in certi film di fantascienza.
L’ennesimo prossimo lockdown, che sia meno restrittivo, a geometria variabile o comunque diverso dal precedente lascerà sul suo cammino non pochi problemi e non poche vittime. Come ho già avuto modo di dire nel mio intervento in Consiglio regionale martedì scorso, il prossimo inverno non avrà la possibilità di sostenersi sulle spalle della stagione precedente che “stava andando bene”, no!
L’estate è stata utile a recuperare, in parte, il cammino perso, nulla di più. L’inverno che ci attende invece è figlio di nessuno o meglio rischia di essere il figlio più o meno illegittimo di questo prossimo un mese di “lockdown”, almeno da quanto traspare in vista del prossimo DPCM.
In tutto questo troviamo scaricabarile vari, polemiche e falsi profeti che riempiono giornali, TV e social e all’orizzonte vediamo solo dubbi ed incertezze. L’unica certezza sono i discorsi di Conte per spiegare DPCM che poi mutano forma nel giro di qualche minuto.
Fino ad oggi però abbiamo anche trovato bonus vacanze, monopattini, crediti di imposta come se non ci fosse un domani in questi DPCM e poi accompagnati da tante tante parole su MES, Recovery Fund e… Maga Magò.
Nulla di più. Il mese che ci attende sarà il più lungo e soprattutto quello di attesa di un inverno che si prospetta durissimo.