Molto bene, oggi siamo tutti contenti delle dichiarazioni di Mario Draghi e finalmente (almeno per qualcuno) possiamo dar corso al debito. Ma stiamo ben attenti, perché il significato vero del suo intervento non è stato quello di dar corso alle rotative “old style”. L’ex numero uno della BCE ha giustamente messo in luce la necessità di liberare la liquidità che già oggi è presente sul sistema (e che in gran parte ha generato lui stesso con le manovre passate di quantitative easing), per mezzo delle banche. L’economia reale ora ha necessità di liquidità, quella stessa liquidità che strette regole bancarie tengono ancora ferma. Non sto ovviamente parlando di prestiti selvaggi, ma di un sostegno reale (e qui sì in salsa “old style”) alle tante realtà produttive oggi in difficoltà.
Nuovo debito? Possibile, ma non siamo più (ahimè) nell’epoca dei T-Bond e della libertà degli Stati, ci sono le regole europee. Non sono mai stato (e mai lo sarò) un ultrà della “scuola del debito”, ma soprattutto perché spesso e volentieri chi chiama al debito facile finisce poi per generare spesa improduttiva nel nome del famoso “moltiplicatore keynesiano”. Ci sono anche altre leve da muovere come quella fiscale, perché è inutile mettere 600 euro nelle tasche della gente se poi per finanziare questa misura non tocco imposte, tasse, tributi e balzelli vari.
Non c’è alcuna ripresa guidata dalla sola spesa!
Ecco che qui mi torna la paura. Ecco temere nuovamente il sopravvento della “scuola del debito”, quella che non vuole il taglio delle imposte pensando di risolvere tutto spendendo e basta. Non ha senso oggi fare nuovo debito (ancorché a livello comunitario) se non si procede con un forte shock fiscale per alleviare il peso che già grava sulle spalle del tessuto produttivo, l’unica certezza che la crisi non ha ancora portato via.
Da qui dobbiamo partire, perché sospendere e rimandare solo i pagamenti non ha alcun senso oggi.